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Integrare vitamina D per prevenire e trattare la malattia COVID-19: la società scientifica spagnola prende posizione

05 mar, 2021 | Comunicati e news | Return|

Presa di posizione della società scientifica spagnola di geriatria e gerontologia: la supplementazione della vitamina D deve diventare una pratica standardizzata per la prevenzione e il trattamento della malattia COVID-19.

È quanto si legge nell’articolo speciale pubblicato sulla rivista spagnola di geriatria e gerontologia da Francisco J. Tarazona-Santabalbinaa e colleghi VitaminD supplementation for the prevention and treatment of COVID-19: a position statement from the Spanish Society of Geriatrics and Gerontology (febbraio 2021).

Gli autori evidenziano nell’articolo le basi scientifiche delle loro affermazioni, prendendo in esame tutta la documentazione sull’argomento pubblicata dall’inizio della pandemia.

È assodato che l’attività principale della vitamina D è quella della regolazione dell’omeostasi calcio-fosforo e il controllo del metabolismo osseo; tuttavia, la carenza di vitamina D è stata associata a diverse condizioni croniche con aumento dell’infiammazione e mal funzionamento del sistema immunitario. Questo suggerisce, unitamente agli studi sperimentali, che la vitamina D ha un ruolo fondamentale nella modulazione del sistema immunitario.

In questo contesto, alcuni studi hanno riportato che la supplementazione di vitamina D potrebbe essere utile per la prevenzione e il trattamento del COVID-19, sia per la sua attività immunomodulante, sia per il suo ruolo nella secrezione delle citochine infiammatorie (riduzione della tempesta citochinica), nella coagulopatia e nel danno cardiaco.

Alcuni studi preliminari hanno già mostrato risultati promettenti grazie all'integrazione di vitamina D nei pazienti COVID-19 ospedalizzati. Una meta-analisi ha descritto un tasso di mortalità inferiore nei pazienti a cui è stata somministrata vitamina D (10,6%) rispetto ai controlli (23,9%). Due studi retrospettivi inclusi in questa metanalisi hanno mostrato una diminuzione del punteggio della scala OSCI (WHO Ordinal Scale for Clinical Improvement) nel gruppo trattato con vitamina D, un terzo studio includeva un tasso di ricovero inferiore nelle unità di terapia intensiva e un quarto studio ha dimostrato una diminuzione significativa dei livelli sierici di fibrinogeno.

Nonostante la mancanza di prove su dosi specifiche di vitamina D per il trattamento della COVID-19 nei pazienti anziani, gli autori dell’articolo ritengono necessaria la standardizzazione d’uso nella pratica clinica.

Infatti, in una review di Hermann Brenner pubblicata su Nutrients a gennaio 2021 si conclude che, nonostante i limiti e le incertezze rimanenti, l'accumulo di prove supporta fortemente l'integrazione di vitamina D, in particolare nelle popolazioni ad alto rischio, nonché un'integrazione con dosi massive in quelle già infette.

Gli autori concludono che, date le dinamiche della pandemia COVID-19, il rapporto rischio-beneficio di tale integrazione richiede un'azione immediata anche prima che i risultati degli studi randomizzati su larga scala in corso diventino disponibili.

Negli anziani ospedalizzati suggeriscono di effettuare analisi per determinare: vitamina D, D-Dimero, proteina C-reattiva, ferritina, fibrinogeno e altri markers infiammatori; quando necessario, integrare la vitamina D secondo un protocollo suggerito in una tabella, presente nell’articolo, redatta dagli autori stessi.

 

A cura di Catia Signorelli

 

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